Sul Nepal è calata l’oscurità. Le nubi sono andate altrove, così mi infilo una felpa ed esco. Gli altri stanno tutti dormendo e come al solito mi ritrovo sveglio nella notte. Ci sono i grilli che mi fanno compagnia. Alzo gli occhi verso il cielo stellato. Riconosco le costellazioni che da sempre mi accompagnano in tutti i miei viaggi e stranamente ho la sensazione di essere a casa. Incredibile. Guardo l’Universo e mi sento a casa!
Respiro profondamente e l’aria frizzante mi ricorda che sono ai piedi dell’Himalaya. Ho mille pensieri che sfrecciano nella testa, mi siedo su un gradino e comincio ad osservarli. Immagini, immagini, immagini… Volti, terra, polvere, fango, confusione, odori, rumori, caos, contrasti, bellezza, bruttezza, fastidio, amore, compassione. Non ci capisco niente! Ho le vertigini. Rialzo gli occhi e dal cielo Orione mi dice che è tutto ok.
Stasera a cena mi sono dovuto alzare per andare a piangere. Mi vergognavo davanti a tutti, così sono andato in bagno e finalmente mi sono sfogato. Non è che sono una femminuccia, ma vi giuro che quelle immagini non riesco proprio a togliermele dalla testa. Ma non si tratta di angoscia, anzi. E’ smarrimento…
Io, essere occidentale pigro e viziato, sempre in sovrappeso, con ambizioni e sogni, gelosie, arroganze e debolezze varie, pieno di paranoie e insicurezze, mi ritrovo da qualche giorno sprofondato in un mondo parallelo, dove tutto quello che ho visto finora non esiste più!
Ma qual è la realtà della vita? E’ questa qui che sto vivendo in Nepal o quella della mia Milano da aperitivo?
Ripenso alle parole di Silvana, la responsabile CBM Asia (una donna eccezionale, forte come un carro armato, con un vita da film ed esperienze che riempirebbero le pagine di un romanzo d’avventura). Quando sono tornato a tavola lei mi ha detto: “Vedi Daniele, anch’io all’inizio ero piena di curiosità e mi informavo su tutto quello che vedevo di nuovo, ogni volta che affrontavo un viaggio. Ero piena di passione e rabbia per le ingiustizie. Ma ora non ci penso più. Ho 55 anni e sono italo-irlandese. Ho una casa in Inghilterra e sono spesso in Italia. Viaggio ogni settimana in diversi paesi di tutto il mondo e ormai non mi pongo più le domande, altrimenti mi perdo nella follìa. Io non vedo più le persone, vedo solo tanta gente. Non mi chiedo più il perchè di niente. Prima mi domandavo come sia possibile che in India la ricchezza estrema viva a stretto contatto con la povertà estrema. Perchè ci sono dei palazzi sontuosi e ultramoderni di fianco a capanne di sterco. Perchè dormo in un hotel di lusso in una metropoli europea e poi su una stuoia di un villaggio in Nepal… Basta. Non ci penso più. Altrimenti non capisco più dove sta la realtà. E da quando vivo senza chiedermi il perchè di tutti questi paradossi, allora riesco a lavorare per un’associazione umanitaria. Riesco ad essere attiva concretamente. Agisco. Aiuto. E riesco a vivere in ogni ambiente.”
Rifletto per qualche minuto sulle sue parole e poi un soffio di vento mi ridesta. Sento nuovamente i grilli, il fruscio degli alberi, l’aria frizzante… E di nuovo le immagini dei ricordi di questi ultimi giorni.
Voglio farvi capire esattamente cosa intendo dire, vi chiedo un piccolo sforzo di immaginazione. Le foto vi aiuteranno. Vi racconto la storia di un bambino che ho già presentato in un altro articolo. Si chiama Nitish, non si sa quanti anni abbia ed è cieco dalla nascita a causa di una cataratta bilaterale.
Nitish è arrivato all’ospedale di Biratnagar sabato scorso, accompagnato da suo padre, che non ha mai potuto vedere in faccia. Hanno fatto un viaggio di 13 ore su di un bus che dal Bihar, una regione dell’India nord-orientale, li ha portati fin qui. Non hanno soldi, non hanno bagagli, possiedono solo i vestiti che indossano. Probabilmente si sono indebitati per comprare il biglietto che costa circa 5 euro, e che potranno restituire chissà come e quando…
Sono pieni di speranza. Hanno saputo che il Biratnagar Eye Hospital è uno dei più produttivi al mondo, con una struttura specialistica studiata in modo da permettere agli oftalmologi locali di operare 36.000 cataratte ogni anno, per una media di 14 operazioni all’ora. E’ un numero mostruoso. Per soddisfare l’enorme richiesta d’aiuto (ogni giorno arrivano un migliaio di persone), hanno organizzato una vera e propria catena di montaggio. I pazienti vengono preparati per l’operazione e poi disposti su dei lettini, in fila. I medici sono schierati in modo da operare sugli occhi in continuazione. Quando hanno finito un intervento passano immediatamente a quello successivo. In questo modo hanno raggiunto un’efficienza che è diventata famosa in tutto il Nepal e in tutta l’India.
E’ il turno di Nitish! Mentre viene accompagnato in una sala per essere anestetizzato, io mi infilo il camice, il berretto, la mascherina e le scarpe sterelizzate e lo aspetto in sala operatoria.
Nitish è sotto i ferri e io posso seguire l’operazione da vicino. Verrà operato prima all’occhio destro e tra un paio di giorni a quello sinistro. Il medico deve raschiare quel velo opaco che impedisce al bimbo di vedere, deve rimuovere il cristallino e inserirne uno nuovo sintetico. Su un monitor di fianco al lettino vedo le immagini dal microscopio. Ecco il momento in cui gli viene asportato il cristallino. Ha un bisturi infilato nell’occhio!
Non sono per nulla impressionato. Le immagini in quel contesto sono normali e l’abilità del medico che opera è ammirevole. Lo osservo attentamente mentre ha i suoi arnesi infilati nel bulbo oculare di quella creaturina. E’ concentratissimo, ma sembra disinvolto. I suoi movimenti sono così delicati e armoniosi che mi ricordano le cerimonie zen giapponesi. Che lavoro! Non puoi certo permetterti di sbagliare! Penso alle partite con i bastoncini del gioco Shangai, o ai mattoncini di Jenga… Io di certo non potrò mai fare il chirurgo!
L’operazione è finita. Sono passati 15 minuti cronometrati. Il dottore alza lo sguardo verso di me e mi fa un segno con il pollice in alto. Sembra che sia andato tutto bene. Mettono una benda e Nitish viene portato in un’altra stanza raggiunto dal padre. Manca la parte più importante. Il controllo.
Il giorno successivo torno per assistere allo sbendamento. E’ un istante cruciale. Nitish potrebbe vedere il mondo che lo circonda per la prima volta e conoscere così la faccia di suo papà (speriamo non si spaventi 😀 ).
Sono sinceramente emozionato. Qui sono tutti tranquilli, per i medici e le infermiere si tratta di normale routine, ma per me è la rappresentazione di questo viaggio. Il motivo per cui sono venuto fin qui. Il padre è composto, tiene una mano sul suo petto, lo protegge, cerca di infondergli calma. Ma c’è una tempesta di emozioni nella sua testa. L’infermiera si avvicina e comincia con calma a togliere il cerotto. Il padre ha il respiro più corto. In alcuni momenti rimane come in apnea. Forse si dimentica di respirare. Tutte le sue speranze si concretizzano in questo preciso momento:
La benda viene tolta e subito un altro medico si avvicina. L’occhio viene pulito e Nitish rimane calmo. Non si sa ancora se riesce a vedere. C’è un silenzio surreale. Mi avvicino e faccio una foto… E parte il flash!!!!!!!!!!!! Noooooooooooooooo! Appena sbendati gli occhi sono estremamente fotosensibili e la luce forte provoca dolore. Con il cuore in gola per la tremenda cazzata chiedo subito al medico se posso aver compromesso l’operazione, ma lui scoppia a ridere vedendo la mia agitazione e mi rasserena. Non succederà niente. Tiro un sospiro di sollievo… Meno male! Ecco la foto in cui è partito il flash. C’è da dire che almeno così si vede bene la rifrazione della luce sul nuovo cristallino.
Ora Nitish si guarda attorno, osserva suo padre, ma non fanno in tempo a godersi il momento perchè c’è un ultimo step. Il controllo per verificare ufficialmente l’esito dell’intervento e capire se il bimbo vede bene. Questo è il momento della verità.
Il medico studia attentamente la situazione. Io continuo a chiedere cosa ne pensa, cosa vede con quella specie di periscopio, se tutto è andato per il verso giusto, se Nitish può vedere con il suo occhio destro… Ma il dottor Surin non si scompone e continua ad analizzare. Dopo un minuto alza lo sguardo dalla sua strumentazione e mi guarda… Allora? Dì qualcosa Doc!
“L’operazione è riuscita perfettamente. L’occhio destro di Nitish vede in maniera corretta. Nei prossimi giorni dovrà prendere questi farmaci… Bla bla bla bla……….”
Siiii! Nitish! Ci vedi!
Nitish si gira con la testolina, mi guarda e per la prima volta dopo tre giorni mi sorride. Io mi sciolgo, allungo la mia mano pallida e lui me l’afferra.
Tutto il resto non vale più niente.
